Testo e foto di Diego Romeo
Mi pare che stiamo andando bene come cartellone teatrale del “Pirandello”. Le occasioni non mancano per fare cultura (e quindi revisione personale) senza attendere la “deflagrazione” del 2025. Appena una settimana fa la bella proposta di psicoterapia di gruppo (Chi è io?) e l’altra sera la riproposizione destrutturata, ricca di ellissi narrative di quel famoso romanzo di Stevenson “Il caso del dottor Jekill e di Mr. Hyde” che anticipò profeticamente l’umor nero del convulso novecento e che prese in contropiede perfino Freud, Jung e l’interpretazione del “doppio in noi”.. Uno spettacolo all’interno del quale sono condensate come una parabola tutte le ossessioni, il potere, il caos, il peccato. Sergio Rubini ne è stato il regista, interpreti Daniele Russo, Geno Diana, Roberto Salemi, Angelo Zampieri, Alessia Santamaria che si muovono in una scenografia a vari strati e livelli di Gregorio Botta e Lucia Imparato. Una recitazione a cascata, inesorabile e attenta, implacabile nella narrazione che si contamina di vari registri stilistici con dominante autorevolezza. Necessari e controllati i boati sonori e gli squarci di grida soffocate che ne punteggiano l’andamento che non da requie fino al calar della tela senza siparietti. Non ci è sembrata una ingordigia barocca questo gotico che permea la messinscena ma una ulteriore frustata propositiva sull’inevitabile “conosci te stesso”, sull’esplorazione di corpi e anime che indusse Jekill ad assumere la pozione e a sperimentarne le conseguenze. Proposta che ci arriva dal 1886 anno di scrittura di Jekill. Per quanti oggi vogliano andare avanti in rinascite e revisioni, sicuramente potrebbe essere più utile riflettere su una famosa frase di Woody Allen:”Voglio tornare nell’utero. Di chiunque”. Una sublime occasione offerta ai politici inconcludenti per togliersi di torno.