di Paolo Cilona
L’appartenenza non conta. Vale l’intrigo, il tornaconto personale, il dispetto alle regole guida dei partiti. È il trionfo dell’illogicità comportamentale da parte del politicante professionista per raggiungere un proprio interesse personale. Le elezioni provinciali hanno rimesso in giuoco antiche dinamiche che fanno ricordare il milazzismo al quale parteciparono partiti di destra, di centro e di sinistra. Un giuoco controcorrente rivolto all’isolamento del partito di maggioranza relativa travagliato al suo interno da perniciosa conflittualità tra rinnovamento e conservazione. İn queste elezioni di fine aprile sono emerse profonde discrasie tra i partiti di maggioranza presenti a Palermo e a Roma. Ad Agrigento si ragiona diversamente da Palermo e da Roma, in quanto vige la regola dei potenti di turno, ovvero di storici capipopolo che gestiscono anche l’aria che si respira nell’agrigentino. İn poche parole è venuto meno il metodo Cencelli. Dal mancato accordo si sfilano gli stessi partiti della maggioranza con i candidati presidenti come Pendolino sindaco di Aragona e Castellino sindaco di Palma Montechiaro. Al giuoco elettorale si inseriscono poi i partiti che amano svolgere a dispetto delle direttive nazionali e regionali un ruolo autonomo da autentici sabotatori pur di svolgere un ruolo competitivo, magari sottobanco. Del resto è risaputo che quel che conta in politica è cogliere ogni beneficio a prescindere dall’appartenenza. Non a caso è la terra dei paradossi, e soprattutto delle ammucchiate sia palesi e sia anche quelle occulte. Staremo a vedere gli esiti degli inciuci. Così è se vi pare.