Il ritorno del passato genera follia
di Francesco Principato
fotogallery di Diego Romeo
Il ritorno del passato a turbare il presente è materia ricorrente nella drammaturgia di Gianni Clementi, l’avevamo già visto e recensito nella commedia Ladro di razza (https://www.teatro.it/recensioni/ladro-di-razza/un-ladro-di-razza-che-non-coinvolge). Go conosciuto Gianni Clementi perché ci siamo incontrati o scontrati – lui professionista della drammaturgia e io appassionato di scrittura teatrale- come finalisti in alcuni premi per testi teatrali e, se non ricordo male, nel 2003 lui vinse il Fondi – La Pastora e io vinsi il Vallecorsi. I suoi contenuti mi avevano interessato e quei contenuti li ho ritrovati nello spettacolo visto ieri al Palacongressi di Agrigento, a chiusura di un cartellone in cui non è stato sbagliato nemmeno uno spettacolo.
LA stessa materia la ritroviamo in L’ebreo, altra commedia nera del prolifico autore romano, diretta da Pierluigi Iorio e interpretata da Nancy Brilli (Immacolata) con Fabio Bussotti (Marcello) e Claudio Mazzenga (Tito). Anche in questa pièce riviviamo le tematiche spesso proposte da Clementi: la povertà del dopoguerra e l’ambizione dei ‘sopravvisuti’; l’antisemitismo e le leggi razziali; il reato e il senso di colpa; l’etica ‘mutevole’ e l’immoralità dell’arrivismo.
Il richiamo alla notte dei cristalli italiana
Con la promulgazione delle leggi razziali del ’43 molti ebrei affidarono tutti i propri beni a persone fidate esenti dagli espropri fascisti. Il fedele, e ariano, commesso Marcello Consalvi, diviene l’intestatario di tutti i beni del suo padrone deportato nel rastrellamento del ghetto di Roma. E’ proprio nel bel soggiorno della nuova casa Consalvi che si apre il sipario (molto elegante e piacevole la scenografia di Alessandro Chiti), tredici anni dopo la sparizione del precedente residente. In tredici anni molto è cambiato: Marcello non è più commesso ma proprietario, sua moglie Immacolata da serva è divenuta una gran signora e vive guardando la sua vecchia vita e i suoi protagonisti dall’alto in basso, compreso il vecchio amico di infanzia, l’idraulico Tito che per poter mettersi in proprio è in mano agli strozzini. Senonché un giorno l’ebreo sembra essere ritornato…
Il convitato di pietra scatena ogni umano (e disumano) istinto
L’ebreo, intravisto o semplicemente fantasticato, rimette in discussione la vita agiata e consolidata di Immacolata e Marcello che, diversi per carattere, ipotizzano differenti soluzioni per mantenere la ricchezza avuta in dono. L’angoscia di dover restituire tutti i loro averi al vero padrone, che prima o poi si presenterà all’uscio, porterà i protagonisti al panico ad ogni bussata alla loro casa. Occorre quindi trovare una soluzione per non continuare a vivere da reclusi o da emarginati.
Con ritmi serrati e dialoghi intensi, il confronto fra i coniugi mette a nudo il loro carattere, le loro bramosie, il loro lato oscuro. L’ebreo, il convitato di pietra che ormai aleggia in casa, mette alla prova i limiti della loro etica, li porta ai margini del baratro su cui sono disposti ad affacciarsi e in cui vogliono spingere anche il loro amico, l’idraulico ‘incravattato’.
Interpretazioni poderose ma mai eccessive
Il regista Pierluigi Iorio riesce e dare alla commedia ritmi brillanti in una altalena di emozioni che i bravi Nancy Brilli e Fabio Bussotti, con la spalla di Claudio Mazzenga, riescono a trasmettere al pubblico. Eppure la forte caratterizzazione dei personaggi non è mai eccessiva. Nancy Brilli interpreta una Immacolata cinica eppure molto vera, reale e attuale nella sua ambizione; Fabio Bussotti trasmette senso di colpa e assoggettamento infatuato all’unica donna della sua vita; Tito l’idraulico è la maschera appropriata del romano di borgata, ingenuo e quasi infantile ma sempre sognatore. Testo e recitazione rendono lo spettacolo in certi momenti divertente, come in altri riescono ad emozionare e in certi passaggi fanno riflettere e perfino indignare. La macchina della commedia va sempre al massimo ma come un buon motore non è mai fuori giri. L’esiguo numero di personaggi sul palco e la scarsa azione scenica, caratteristiche limitative di un certo teatro moderno, in questo allestimento non hanno appesantito la commedia che scorre piacevolmente per tutti i cento minuti. Anzi diremmo che corre, corre verso il finale inaspettato quanto drammatico e forse grottesco… comunque molto applaudito.
Voto 4













