LA SCRITTRICE MARIA CONCETTA DE MARCO PLAUDE ALLA STAGIONE TEATRALE DIRETTA DA GAETANO ARONICA
Ieri sera, al Palacongressi di Agrigento, si è celebrata la degna conclusione di una stagione teatrale particolarmente felice e apprezzata.
In cartellone, la messa in scena de “L’Ebreo” di Gianni Clementi, ambientato nel 1956, per la regia di Pierluigi Iorio e con un cast ristretto ma valentissimo: una brillante Nancy Brilli (che non fa, dunque, torto al suo cognome), nel ruolo di Immacolata Consalvi; Fabio Bussotti, il di lei marito Marcello; e Claudio Mazzenga, quale Tito detto “o’ stagnaro” (l’idraulico), amante di vecchia data della seducente signora.
Ancora una volta, il pubblico ha premiato, in una sala gremita e attenta, la sagace proposta dell’illuminato Direttore Artistico Gaetano Aronica, nonché del Direttore del Parco Archeologico, Roberto Sciarratta.
Tra risate e amare riflessioni, la performance ci ha regalato una leggiadra Nancy/Immacolata la quale, tradendo ìl suo nome scenico e volteggiando tra passi di danza, si rivela ìntraprendente e diabolica, con tutta la meschinità, il cinismo e l’avidità di un essere umano ferocemente attaccato al proprio, fortunosamente acquisito assetto patrimoniale, irrinunciabile sebbene illegittimo.
Il suo piano scellerato, ai danni del “padrone” ebreo, mai fisicamente sulla scena ma costantemente presente nel suonare il campanello di casa Consalvi, ci racconta di quanto possano essere affilate le armi di una donna che persegue i suoi scopi, pur di non perdere l’ormai conquistata e invidiabile posizione sociale ed economica.
Alla realizzazione dei suoi perfidi progetti, concorrono il più mite e, a tratti, succube marito Marcello, e l’amante Tito, avviluppati tra le vestaglie svolazzanti e le calze autoreggenti della voluttuosa e scaltra protagonista.
Il finale, per nulla scontato e frutto di un raptus incontrollabile che accomuna i due coniugi, svela i toni tragicamente noir di una amara commedia dal sorprendente quanto impensabile coup de théātre, dimostrandoci come il lato oscuro dell’uomo (e della donna) possa condurre alla follia, e quanto le cattiverie ordite ai danni altrui possano presentare, infine, un conto altissimo.(Maria Concetta De Marco)